La nuova frontiera del mondo digital: i chatbot

 

Sono passati molti anni da quando Microsoft Office introdusse Clippy, l'invadente graffetta che distribuiva consigli non richiesti. Ma forse non tutti sanno che Clippy era un bot, ossia un software basato sull'intelligenza artificiale in grado di interagire con gli esseri umani.

I bot sono rimasti in letargo per molti anni ma il 12 aprile 2016 hanno avuto la loro rivincita, cioè da quando Zuckerberg ha annunciato l'arrivo dei bot su Messenger, la piattaforma di messaggistica utilizzata ad oggi da più di 900 milioni di persone in tutto il mondo.

Ed ecco, quindi, che i bot si sono trasformati in chatbot: programmi in grado di relazionarsi con esseri umani utilizzano le piattaforme di messaggistica.

I chatbot simulano la conversazione con l'utente offrendo risposte alle domande, promozioni, informazioni, link, supporto all'acquisto e aiuto nella prenotazione di servizi. Vengono utilizzati dalle aziende che possono sfruttarli per rafforzare la loro costumer care, infatti, i bot, in questo ambito, hanno molti vantaggi: sono attivi 24 ore su 24, sono veloci e, soprattutto, la loro intelligenza e capacità di risposta aumenta man mano che interagiscono con gli utenti: essi sono infatti in grado di tracciare gli interessi, i gusti, i dati anagrafici e le preferenze offrendo, in questo modo, risposte sempre più adeguate e rivoluzionando, così, il modo di fare pubblicità che, da invasiva, diventa a misura di utente.

L'importanza dei bot sta crescendo esponenzialmente se pensiamo che in un mese tra aziende e clienti vengono scambiati più di un miliardo di messaggi; possiamo, quindi, affermare con certezza che la nuova frontiera del mondo digitale sono proprio i chatbot!

 

Ma come funzionano i chatbot?

Il bot deve essere associato ad una pagina Facebook, una volta installato intercetta messaggi degli utenti rispondendo immediatamente. Inoltre, ad ogni chatbot è associato un  indirizzo web per cui l'utente che accede alla chat diventa il destinatario di offerte e promozioni, un modo semplice per le aziende, quindi, di fare marketing. Ma la potenza dei chatbot non si ferma qui: l'assistenza nell'acquisto in un e-commerce si trasforma in qualcosa di molto più rilevante, infatti, è possibile terminare il pagamento senza dover lasciare la piattaforma di messaggistica (ad oggi, però, solo con Paypal). Un vantaggio per Facebook, e un vantaggio per noi visto che il metodo di acquisto viene snellito ulteriormente.

Ovviamente, il target dei chatbot sono i millenials, ossia quella generazione di uomini e donne nati tra i primi anni ‘80 e gli anni duemila: giovani, tecnologici e bisognosi di risposte concrete ed immediate.


 

Chiaramente, i chatbot sono molto lontani dall'essere immuni da errori: possono, anzi, rappresentare un'arma a doppio taglio per le aziende. Infatti, quando l'utente si accorge che il suo interlocutore è un robot rimane molto deluso, per questo si stanno sviluppando tecniche per “beffare” gli utenti come, ad esempio, allungare i tempi di risposta rendendoli più “umani”.

La potenza dei chatbot è direttamente proporzionale alla presenza nelle piattaforme di messaggistica più diffuse e il loro utilizzo è molto semplice, visto che, per esempio, nel caso del bot di Messenger l'azienda non si deve preoccupare di questioni di privacy poiché è tutto regolamentato internamente a Facebook.

L'idea è quella di utilizzare i bot per fa emergere quelle app che non hanno successo (d'altronde ricerche hanno dimostrato che gli utenti utilizzano sempre le stesse tre app).

Le app, quindi, saranno superate dall' implementazione dei bot: la concorrenza, quindi, verrà spostata completamente sui contenuti.

Messenger, inoltre, ha progetti molto più grandi: lo sviluppo di M, ancora nelle sue fasi iniziali, si trasformerà in qualcosa di molto più potente, un bot in grado di fornire tutte le informazioni di cui necessitiamo, dal meteo allo stato del traffico.

M è disponibile, ad oggi,  per un ridotto numero di iscritti a Facebook che lo stanno testando ma è molto lontano dall'essere perfetto, richiede infatti l'intervento umano per le richieste più complicate.

La tecnologia, quindi, ha ancora bisogno di noi esseri umani ma la vera domanda è: per quanto?