Digital Service Act: cos'è e chi coinvolge


Il 25 agosto 2023 sono entrate in vigore le norme del Digital Services Act (DSA): la legge UE che tratta della sicurezza, della trasparenza dei servizi digitali e della moderazione dei contenuti.

Con l'avvenuta del DSA è stata aggiornata una direttiva risalente a 20 anni fa, che consiste nel regolare le attività delle piattaforme che si pongono come intermediari tra le aziende che offrono servizi, prodotti o contenuti e i vari utenti che ne usufruiscono.

Chi è coinvolto nel Digital Service Act?

Il nuovo regolamento UE, si applica a tutti gli intermediari online: social network, motori di ricerca, marketplace, servizi di hosting.

Sono perciò coinvolte le Big Tech che fanno parte di uno specifico elenco compilato dalla Commissione europea, che ha identificato tutte le  VLOP (very large online platforms) e le VLOSE (very large online search engines), ovvero quelle piattaforme e motori di ricerca che superano i 45 milioni di utenti mensili attivi in Europa.


Qui di seguito riportiamo le piattaforme coinvolte:

  • Social: Facebook, Instagram, Snapchat, TikTok, Twitter (ora X), Linkedin, Pinterest, YouTube;
  • Servizi di prenotazione come Booking.com;
  • Marketplace come: Amazon, Zalando, Google Shopping, Alibaba, AliExpress;
  • Store per le applicazioni, quindi Apple App Store e Google Play;
  • Google Maps;
  • Wikipedia;
  • Motori di ricerca: Google e Bing di Microsoft.

I servizi digitali più piccoli avranno ancora tempo per adattarsi alle nuove regole.

Quali norme prevede il Digital Service Act?

  • le Big Tech, devono dotarsi di un team dedicato alle segnalazioni provenienti da autorità e utenti;
  • gli utenti che violano le norme delle piattaforme, devono essere avvisati ed informati sulle ragioni per cui un post è stato rimosso o ne sia stata limitata la visibilità o la monetizzazione;
  • i termini e le condizioni devono essere esposti in modo più chiaro e semplice;
  • i marketplace devono verificare che non sia venduta merce illegale nei loro negozi online;
  • le Big Tech devono spiegare su quali parametri lavorano gli algoritmi di raccomandazione dei contenuti, il "Perché stai vedendo questo post" diventa la norma;
  • non si possono usare i dati dei minori per proporre loro pubblicità personalizzata;
  • le aziende devono tenere traccia degli investitori pubblicitari;
  • vietati i dark pattern, cioè quei metodi che servono a indirizzare in modo subdolo gli utenti verso scelte precise (es. nei banner dei cookie).
     

Il DSA ed il rischio per la libertà di parola

Infine, ma non meno importante, resta l'analisi del rischio sistemico. Il precedente approccio di sanzionare le piattaforme per ogni post illegale che non fosse rimosso nel giro di poche ore, aveva come effetto quello di incentivare la censura.

Per questo il DSA prevede che ogni anno le grandi piattaforme debbano redigere un report che valuti i rischi per i diritti fondamentali, la libertà di espressione, il dibattito pubblico, i minori, derivanti da un abuso o uso illegittimo dei loro servizi.
In seguito dovranno presentare delle soluzioni per mitigarne l'impatto: moderazione dei post, uso degli algoritmi per raccomandare certi contenuti al posto di altri, modifica di termini e condizioni, del design, del sistema di raccolta pubblicitaria, etc.

 

Al momento in Italia non è ancora stata designata l'autorità nazionale che si occuperà di monitorare e garantire il rispetto del DSA. Lo sapremo presto perché da febbraio 2024 il DSA diventerà vincolante anche per tutte quelle piattaforme con meno di 45 milioni di utenti mensili, e le sanzioni potranno ammontare al 6% del fatturato globale.

 

Digital Services Act 25 agosto 2023